La fotografia, nella sua essenza più profonda, è una forma d’arte capace di ridefinire il nostro modo di percepire il mondo. Lo sapeva bene Albert Renger-Patzsch, fotografo tedesco che affermava: “La bellezza del mondo dipende dall’immaginazione dell’uomo e quindi anche dalla scelta che l’obiettivo faceva del particolare”. Questa filosofia si riflette nel lavoro di Olivo Barbieri, protagonista della mostra “Spazi altri”, in corso fino al 7 settembre presso le Gallerie d’Italia – Torino, nel cuore della storica Piazza San Carlo 156.
Olivo Barbieri: un artista tra percezione e rappresentazione
Nato a Carpi (Modena) nel 1954, Olivo Barbieri ha sviluppato la sua arte negli anni Ottanta concentrandosi sull’illuminazione artificiale nelle città europee e orientali. Nel 1989, in un momento cruciale della storia cinese segnato dalle proteste di Piazza Tienanmen, intraprende un lungo viaggio in Cina. Da quel momento, il Paese diventa il fulcro della sua ricerca, portandolo a documentarne le rapide trasformazioni, dalla società rurale a quella ultratecnologica.
La mostra: un percorso in tre sezioni
L’esposizione “Spazi altri”, curata da Corrado Benigni, si suddivide in tre sezioni principali:
- Appunti di viaggio in Cina 1989 e Paesaggi in miniatura 1990: raccolte di immagini (77 e 42 fotografie) che raccontano il primo impatto dell’artista con il territorio cinese.
- Of Other Spaces: un polittico in 10 parti, accompagnato da 4 trittici e 12 grandi lavori che esplorano la percezione dello spazio.
Attraverso queste opere, Barbieri non si limita a documentare il cambiamento, ma ne cattura l’anima, facendo emergere le contraddizioni di un Paese in bilico tra passato e futuro.



Cina: un paese tra dualismo e trasformazione
Le fotografie di Barbieri colgono le polarità della Cina contemporanea: frenesia e vuoto, ricchezza e povertà, passato e futuro. Un esempio emblematico è “Canton, China” (1998), dove un cielo pervinca sfuma in una nebbia lattiginosa e fatiscenti edifici si stagliano davanti a un avveniristico grattacielo, simbolo del cambiamento. Un altro esempio è “Shanghai” (2001), dove un complesso intreccio di strade e sovrappassi pare sorretto da una colonna classica, reinterpretata in chiave moderna.
Una fotografia che va oltre il reale
Barbieri esplora il confine tra realtà e rappresentazione, creando immagini che sembrano sospese tra mondo immaginato e percepito. La sua tecnica si evolve nel tempo, passando dall’analogico alle più avanzate tecnologie digitali, sperimentando con colori saturi, sfocature selettive e prospettive aeree. In alcuni casi, utilizza anche “errori fotografici” per mettere in discussione stereotipi e ideologie.
L’eredità di Olivo Barbieri
Come sottolinea Roberto Koch, curatore del progetto “La grande fotografia Italiana”, Barbieri “pensa per immagini, perché è di esse che si fida”. Le sue fotografie non sono semplici scatti, ma una riflessione profonda sulla percezione della realtà. Il suo lavoro rappresenta un’importante testimonianza sulle trasformazioni urbane e culturali della Cina e del mondo, rendendo ogni sua immagine un’opera d’arte in cui perdersi.
Giannamaria Villata
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